Il Destino di Edipo: Un Viaggio Morale Tra Le Relatività Ontologiche del Mondo

Quando Edipo si mise in cammino per Tebe non poteva minimamente immaginarsi in quale guaio stava per mettersi. Le vicende lo porteranno a fare una fine del tutto simile a quella del fuggitivo della leggenda di Samarcanda. Edipo ucciderà suo padre e sposerà sua madre, e nel compiere queste azioni sarà del tutto inconsapevole.

Sia in Edipo Re sia nelle vicende di Samarcanda la morale è la stessa: dal destino non si può sfuggire, e nulla vale sforzarsi per far sì che il fato non si avveri. Adesso potremmo stare qui a disquisire per ore se esista o meno il destino e se gli eventi delle nostre vite siano o meno già stati preconfezionati per noi. L’idea invece che trovo interessante indagare in tale contesto è relativa al problema della consapevolezza.

Il fatto che Edipo fosse inconsapevole di quello che faceva lo rende innocente? Alla fine della tragedia di Sofocle Edipo si acceca, trasferendo di fatto la responsabilità degli accadimenti dal fato a se stesso.

Nei nostri sistemi giuridici esistono due tipi di delitto. Un delitto doloso e uno colposo. Il primo lo si compie volontariamente, il secondo invece è contingente e non è voluto. Se sto guidando e investo una vecchia perché la credo troppo brutta per poter vivere allora commetterò un omicidio doloso. Se invece la prendo sotto per distrazione o in generale per errore allora sarà un omicidio colposo.

Per la legge quindi Edipo è un omicida colposo. Prenderà sicuramente meno anni rispetto a chi compie un delitto volontario, ma comunque in gattabuia dovrà starci per un bel pezzo.

Questa problematica può essere trasferita molto facilmente dalla letteratura alla vita di tutti i giorni. Se vado a letto con una ragazza ubriaca rischio di essere incriminato per stupro? E se sono ubriaco io, allora è la ragazza che stupra me? E se siamo entrambi sbronzi, ci stiamo stuprando a vicenda?

Personalmente mi piace pensare che Edipo sia solo vittima del destino e che in fondo possa considerarsi completamente innocente. Anni fa scrissi una raccolta di cento poesie dal titolo Apologia dell’Automa, in cui trattavo letterariamente il tema filosofico dell’indeterminismo. La nostra cultura occidentale è fortemente influenzata dai valori e dalle credenze del cristianesimo. Se l’uomo fosse solo una macchina priva di libero arbitrio allora non avrebbe senso giudicarlo per mandarlo in paradiso o all’inferno. Considerando questa prospettiva tutta la responsabilità andrebbe a ricadere su Dio che ha creato l’uomo e l’universo.

Se Dio crea un uomo-automa e poi lo punisce per quello che fa è di certo un essere sadico e se vogliamo anche incoerente.

L’idea centrale in tale contesto è questa: l’uomo è un automa perfettamente programmato a credere di essere libero. Tutto gira attorno all’autocoscienza. Se l’uomo infatti non fosse cosciente della propria vita e della propria morte allora sarebbe una specie di robot che compie azioni seguendo i dettami di una programmazione a priori. In questo caso non ci sarebbe quindi spazio per la consapevolezza del proprio stare al mondo e delle proprie azioni.

In realtà una cosa è certa. E il primo a mettere in luce questo aspetto è stato Cartesio a inizio del 1600. L’unica certezza che l’uomo ha è che pensa. Il famoso “cogito ergo sum” (penso dunque sono) che ha aperto le porte al pensiero moderno, spostando l’attenzione e gli studi dal mondo al soggetto che percepisce il mondo.

Pensare è una caratteristica tutta umana, ma potrebbe essere senza mezzi termini una specie di bug del sistema. Pensare ha come sinonimo riflettere. Pensare è quindi un atto simile a quello di guardarsi in uno specchio. Quindi, penso e vedo me stesso pensante, e in quanto tale autocosciente.

Siamo quindi passati da una tematica tutta morale, come la colpevolezza o meno di Edipo, a una questione relativa alla conoscenza. E questo non deve affatto sorprendere. Perché l’azione cristianamente intesa (un’azione quindi libera non determinata a priori) viene sempre messa in relazione con la consapevolezza del soggetto agente.

Nella cultura greca di Sofocle l’idea di libero arbitrio non era stata ancora pienamente sviscerata con tutte le sue conseguenze. La forza della tragedia di Edipo risiede proprio nel fatto che il protagonista è vittima inesorabile degli eventi e non può far nulla per sfuggirgli.

Se Sofocle fosse nato nel medioevo cristiano probabilmente avrebbe fatto lo spazzino. Non c’è spazio con il Dio cristiano (unico, onnipotente, vendicativo e geloso) per il fato. L’uomo è pienamente responsabile delle proprie azioni anche se è ubriaco.

Quindi, se ti devi fare una procace ragazzina di diciotto anni bada bene che non sia ubriaca, altrimenti potresti fare una brutta fine. Al giudice non gliene fregherà nulla della tua concezione del destino. La legge è impregnata dell’idea di libero arbitrio.

Se non fossimo liberi (cosa che in realtà io penso fermamente) personaggi come Hitler, Totò Riina, la Franzoni, Stalin e Jack lo Squartatore sarebbero non solo innocenti ma vittime essi stessi del proprio destino. Esattamente come l’innocente Edipo.

Il mondo, quello di cui ci hanno parlato a scuola, non è altro che l’insieme di tutta una serie di scelte morali che sono state fatte nel corso della Storia. Non esiste una verità assoluta quando si parla di vicende umane. Quindi non lasciare che siano gli altri a dover dirti quello che è giusto o è sbagliato fare. Disegna il tuo mondo da solo, esprimendo sempre quello che sei. Perché nessuno è sbagliato. Ma al più solo vittima di una serie sfortunata di eventi avversi.

Buona vita a tutti
Sprappi
Il Segreto dei Market Movers

2 thoughts on “Il Destino di Edipo: Un Viaggio Morale Tra Le Relatività Ontologiche del Mondo

    • Grazie mille caro Stefano, per me è sempre un onore scrivere per i miei allievi e per i lettori del mio blog. Grazie davvero di cuore.

      Un abbraccio e buona serata
      Vittorio

Lascia un Commento