Nonna Milena mi diceva: “A te ti ha rovinato la filosofia!” In un certo senso aveva ragione. Farmi sempre domande e mettere in discussione tutto mi ha di certo complicato l’esistenza. Ma mi ha anche salvato. Ma da cosa? Da una vita piatta e banale. Dall’accettazione passiva di ciò che apprendo. Da tutte le balle con cui la società vuole imbottirci come polli ripieni. Non è forse il ripieno stesso un illegittimo stupro di cadavere?
Pensare diversamente per pensare meglio. Non sempre va bene. Criticare sempre tutto ti porta ad essere appunto un “criticone”, e quelli li lasciamo instupidire nei bar o sui commenti di Facebook. Il diverso va visto come alternativa, come altra possibilità. Il diverso come apertura al mondo.
Vedere il mercato da un’altra prospettiva. Seguire ciecamente il gregge porta solo alla rovina. Ed è quello che fa solitamente l’uomo medio nella sua sconfinata banalità. Lo stato gli dice: “Fai questo e non fare quello!”, e lui segue le regole senza metterle mai in discussione. La democrazia rimane tale finché non ne vengono minate le fondamenta. Allora la democrazia si incazza e diventa dittatura, coercizione. Non sono forse i sovversivi ad essere tra i più puniti dalla legge? In occidente puoi dire quello che vuoi (apparentemente). Ma di sicuro non che la democrazia non va bene. Ma è poi davvero la nostra una vera democrazia? Gli antichi ateniesi si rigirano nelle tombe come cotolette dalla doppia panatura.
Ciò che mi rende libero è il mio pensiero. Non i soldi, non il trading. E’ la mia filosofia di vita nella sua interezza a darmi gli strumenti critici per non farmi fottere dal mondo. L’uomo occidentale ha paura di tutto. Ma novantanove paure su cento sono irreali. Non rappresentano una vera minaccia. Le istituzioni ci tengono al giogo con la politica del terrore. Usare la testa significa utilizzare ragione e logica per spolpare le questioni e farne durante l’autopsia uno spezzatino con le patate.
Libertà significa non credere. A tutte le bugie dei media. Alla morale collettiva, alle leggi, al senso comune, alle paure tramandate delle nostre madri. Libertà vuole dire infilare il proprio cazzo illuminato dentro la morbida ma torbida vagina sifilitica della vergogna collettiva. E premere fino a sfondare l’utero sterile del pensiero comune.
Quando un uomo scopa una donna incinta al nono mese la punta del suo pene sbatte ripetutamente contro la testa del nascituro. Quando poi il bambino è nato il padre continua a dargli schiaffi sulla testa per punirlo. La mano diventa così la prosecuzione dell’atto copulativo. Il sistema programma l’inconscio collettivo poi ne utilizza le leve per schiavizzare l’uomo nella sua realtà conscia.
Se la paura c’è solo per il bambino cerebralmente fottuto, allora è sufficiente diventare glande del genitore stuprante.
Cordialmente
Vittorio
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