Una notte tutta da dimenticare quella di Napoli. D’altra parte, togli alla gente il pane e avrai la Rivoluzione francese. Fermare il paese per frenare l’aumentare esponenziale dei contagi può essere una soluzione. Però bisogna dare alla popolazione il modo di mangiare. Obbligare a chiudere le saracinesche senza dare un opportuno e proporzionato ammortizzatore sociale è pura follia.
Economia da una parte, salute pubblica dall’altra. Un bel dilemma, e in questo momento non mi vorrei di certo trovare nei panni di chi deve prendere decisioni vitali per milioni di individui. In ogni caso sarà un disastro. Se si darà priorità alla salute, chi subirà perdite economiche dalle proprie attività chiuse sarà la prima vittima. Viceversa, se si lasciasse tutto aperto il virus avrebbe modo di propagarsi a tutta la popolazione, mettendo in seria difficoltà le limitate risorse delle terapie intensive.
Siamo nel ventunesimo secolo e tante persone ormai possono lavorare da casa, svolgendo al pc o al telefono le attività più disparate. Con l’avvento del cosiddetto smart working anche una buona fetta di dipendenti si trova in questa nuova ed inedita condizione. E’ chiaro che se non esci di casa non consumi, non hai bisogno di mangiare al bar, di fare benzina, o di comprarti dei nuovi vestiti per andare in ufficio. Insomma, anche lo smart working è responsabile di un rallentamento dell’economia.
La mia idea a tutto questo è presto detta. Se l’economia rallenta può anche essere meglio. Potrebbe essere l’inizio di un nuovo inizio per noi e per il mondo intero. Una diversa maniera di intendere il mondo e le nostre esistenze. Rendere le nostre vite più sostenibili e compatibili rispetto alle risorse del pianeta potrebbe essere solo un inizio. In seconda battuta vi potrebbe essere una più equa distribuzione delle risorse in tutto il pianeta.
Tutto molto bello. Tutto molto coerente e giusto. Peccato che l’uomo sia avido di natura. Per riformulare e rimodellare le nostre vite e l’intero sistema economico è necessario ripensare completamente ai valori culturali che ci guidano nelle nostre azioni. Già dalle scuole elementari, e forse già anche dall’asilo, i bambini vengono messi in competizione gli uni con gli altri. Il modello di vita che cresce oggi l’adulto che sarà domani lo vuole una macchina per la risoluzione di problemi con un alta, anzi altissima tolleranza allo stress.
Ma un individuo in eterna competizione con se stesso e col mondo sarà una persona più stressata e di conseguenza anche più predisposta ad ammalarsi. E’ noto infatti che lo stress tende a fare calare anche di tanto le difese immunitarie, e di conseguenza può portare ad un progressivo indebolimento psicofisico. Malattie, povertà, insonnia, tensioni al lavoro, problemi con la moglie e per il futuro dei propri figli.
Il modello che l’uomo contemporaneo si è creato, diciamocelo pure, è una vera schifezza. Certo, la scienza ha fatto immensi progressi nel corso degli ultimi quattrocento anni, ma questo non ha nulla a che vedere con il modello di vita che l’uomo si è scelto.
La superficie delle nostre vite è razionale, la profondità dei nostri esseri è invece irriducibilmente irrazionale. Il mondo esterno è incredibilmente razionale: palazzi squadrati e ben distribuiti, sistemi di trasporti basati su orari ben definiti, scuola strutturata per trasmettere le conoscenze nelle modalità più logiche e sintetiche possibili.
Tutto all’apparenza molto bello e degno della migliore utopia. Ma così facendo si creano automi, non persone. La mente umana è espressiva, non un contenitore in cui vomitare dentro delle nozioni e angoli a novanta gradi. Con questo modo di vivere e di formare le nuove generazioni si avrà un solo importante risultato: un’umanità sempre più alienata e sempre più repressa a livello di inconscio.
E così ci si stupisce della madre che uccide i figli, del padre che fa una strage di famiglia e poi si suicida, dello studente bullizzato che prende il fucile del nonno e fa una carneficina nella scuola, dei serial killer, dei deviati, eccetera eccetera. Questi fenomeni rappresentano l’urlo ancestrale dell’umanità che vuole tornare fuori.
E’ il dionisiaco che si ribella a una realtà eccessivamente apollinea.
Il segreto per una società e per una vita equilibrata e degna di questo nome, potrebbe proprio risiedere nell’equilibrio tra queste due forze e non nella repressione di una delle due a discapito dell’altra. Istinto, creatività e pulsione deve andare di pari passo con la razionalità e la forma.
Il nostro mondo reprime eccessivamente il dionisiaco e lo reclude negli stadi, nelle discoteche, nei manicomi, nelle birrerie e in tutti quei luoghi in cui anche solo per un attimo la persona può dimenticarsi delle proprie miserie individuali per sciogliersi nel magma della collettività.
Siamo esseri complessi, non ce lo dimentichiamo mai. Quello che è accaduto a Napoli è solo il dionisiaco che preme per venire fuori, è la forza vitale che si ribella alla forma. E se non si prenderanno opportune decisioni anche drastiche, presto non basterà più un decreto del governo per contenere la popolazione in rivolta.
Perché l’uomo affamato e che non ha più nulla da perdere è disposto a tutto. Anche a tirar fuori quella violenza e quell’istinto tutti dionisiaci che la società ha tentato con tanto zelo, ma tutto sommato invano, di reprimere in lui.
Buona rivoluzione a tutti
Sprappi
Il Segreto dei Market Movers